Il moto di una persona in bicicletta non è ascrivibile a un processo lineare.
Esso presenta le caratteristiche di un processo
simil-diffusivo in cui
la persona condurrà la propria bicicletta da un punto A a un punto B cercando
quanto più possibile di non percorrere mai due volte la stessa strada.
È evidente che ciascun percorso da un punto A a un punto B fissati sia in
tutto e per tutto equivalente a soddisfare la necessità primaria di
transito1, e sia perciò soluzione a un problema concreto e
contingente. Tuttavia la somma di due o più percorsi non è essa stessa
soluzione al medesimo problema, ma è invece soluzione a un problema più alto
sentito da pedalatrici e pedalatori: il problema della scoperta.
La somma di due o più soluzioni, inoltre, è strettamente maggiore dei singoli
addendi: apporta godimento, memorie, immagini, sorpresa in misura molto
maggiore al percorrere sempre la stessa strada. Questa superadditività è un
semplice corollario della necessità di scoperta ed è la forzante che porta la
persona in bicicletta a esplorare tutti i possibili percorsi. Sebbene ciò
possegga caratteristiche diffusive, tale moto esula dalla consueta legge di
scala che fa crescere il
percorso quadratico medio linearmente nel tempo. A seconda delle variabili
esterne più disparate, la persona in bicicletta può esibire un comportamento
super o sub diffusivo.
Questa proprietà del moto della persona in bicicletta esibisce caratteristiche
di nonlocalità sia temporale che spaziale. La scelta dei percorsi, fin dalla
mappatura (esplicita o subconscia) del tracciato, è influenzata da tutti i
percorsi battuti in precedenza e, in esplicita violazione al principio di
causalità, anche a quelli che
la persona intende fare in un futuro anche remoto. Ne consegue dunque che il
processo è fortemente non
Markoviano, e anzi, le
persone che si spostano in bicicletta vanno fiere di ogni memoria raccolta
durante i propri percorsi.
L’effetto netto di queste proprietà è un’autorepulsività dei percorsi di volta
in volta scelti dalla persona che si sposta in bicicletta, che chiameremo
principio di minima sovrapposizione.
Opposto al trasporto, come definiti da Ivan Illich in ‘Energie et
équité’, 1975
(Nell’ultima traduzione italiana il titolo è stato storpiato in ‘Elogio
della bicicletta’, ma rifiuto categoricamente di utilizzarlo). Il transito
è lo spostamento ottenuto per mezzo dell’energia metabolica di una
persona; il trasporto è frutto di un consumo molto più elevato di energia. ↩︎